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La spesa tra i rifiuti del supermercato

Pubblicato su da Grunf

BOLZANO. Metà mattinata, per le anziane signore è l’ora prediletta per fare la spesa. Specie se vivi nel quartiere con il tasso di vecchiaia più alto della città e in quello più popoloso per densità a chilometro quadrato. Europa - Novacella, in via Druso si trova una delle mete preferite per girovagare tra i banchi di un supermercato. Ieri mattina, però, c’era chi preferiva, al banco delle frutta e verdura, i cassonetti esterni dei rifiuti organici, subito dietro ai carrelli parcheggiati accuratamente in fila.

Con tra le mani un enorme sacco nero due anziane signore si sporgevano fino a insidiare il contenuto dei cassonetti che raccolgono l’umido. Da lì, magicamente, estraevano teste di insalata fresche, peperoni, zucchine e ogni altro ben di Dio che assomigliasse a frutta o verdura.

Un’immagine che, per un attimo, univa perfettamente due mondi sempre e ancora troppo distanti. Da una parte lo spreco di chi (distributori e consumatori) non riesce a smaltire in tempo (chissà poi rispetto a cosa) le risorse alimentari, dall’altra il limite della povertà oramai privato perfino del senso di vergogna. Senza sapere chi, tra le due parti, abbia o meno perso più dignità.

Mentre la politica è intenta a trovare accordi che riescano a limitare la portata dei tagli (che essa stessa ha voluto e deciso) all’intreccio della protezione sociale, c’è chi con l’aumento del costo dei servizi si autoesclude dalla comunità. Così si può anche smettere di riempire la borsa della spesa dal fruttivendolo vicino a casa e gonfiare, invece, un sacchetto nero, scuro e per nulla trasparente, di scarti se pur altrettanto nobili e freschi. Il costo, però, è vicino allo zero, a parte aver già tralasciato l’orgoglio umano dettato dalla sussistenza e aver disperso il senso della vergogna nell’istinto, altrettanto umano, della sopravvivenza.

E così si può anche rinunciare al pasto caldo delle mense anziani, perché se 7 euro e 50 centesimi sono una quota eccessiva per le mie tasche, per campare troverò un altro modo, meno costoso e meno visibile. «Rispetto a prima dell’aumento delle tariffe abbiamo circa il 50% in meno di utenti», ci ricorda inesorabilmente ogni giorno Sante Vittorio Giandon, presidente della cooperativa Clab.

Rinunciare a un servizio porta al fenomeno, preoccupante, dell’esclusione sociale. Se la legge provinciale del 1973 ancora garantisce alla persona il minimo vitale di sussistenza, non vi è certo alcun decreto che sancisca il dovere di «fare comunità».

«Oggi il tema è costituito dall’accesso ai servizi, spiega il direttore della Caritas Pio Fontana; se i servizi cominciano a costare troppo le persone, specie anziani con redditi minimi, vi rinunciano e viene meno la condivisione sociale che è anche il modo migliore per individuare e correggere casi e fenomeni di difficoltà e povertà. Mai come oggi abbiamo il bisogno di ricreare comunità, perché se le persone restano vigili e attente a ciò che accade intorno a loro, allora la politica sarà chiamata a rispondere più prontamente e se possibile a tagliare di meno la spesa sociale».

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